Giuseppe Colotto

Apparteneva ad una antica famiglia lericina: uno studio del dott. Angelo Lupi ha accertato che discendeva direttamente da patron Francesco Colotto Bellavista che giurò fedeltà alla Repubblica Genovese nel 1562 e morì nel 1599. Aveva una fede profonda cui univa la pratica religiosa.

Dal 1948 al 1952 fu consigliere di fabbriceria della Chiesa di Lerici. Ha sempre collaborato all’organizzazione dei festeggiamenti in onore di Sant’Erasmo del cui comitato faceva parte. Era socio sostenitore dell’A.V.I.S. e di altri sodalizi lericini.

Una figura molto familiare ai lericini quella del nostro “Beppe”; la sua scomparsa lascia un grande vuoto, particolarmente in noi della redazione e dell’Amministrazione del giornalino che eravamo abituati ad avvalerci del suo consiglio e del suo aiuto ad ogni numero del periodico. Forte dunque è il sentimento di rimpianto.

Vorrei porre l’accento su pochi ma significativi aspetti della personalità di Beppe Colotto. Anzitutto, per un motivo cronologico, la sua fedeltà all’idea istituzionale monarchica che non è mai venuta meno, attestata dal suo feretro ricoperto dalla bandiera italiana con lo scudo sabaudo.

Ma questo suo amor di patria si era esternato nella sua giovinezza quando con entusiasmo era partito per partecipare al corso dei Preliminari Navali al termine del quale sarebbe stato imbarcato quale ufficiale su una nostra nave da guerra.

Ma era l’estate del 1943 e l’armistizio dell’8 settembre colse lui ed i suoi compagni a Brioni, le isole a Nord-Ovest di Pola, dove nel frattempo erano stati trasferiti i corsi di complemento dell’Accademia Navale di Livorno. Era pronta la m/n Vulcania per portarli in salvo al sud, ma qui giovani furono più sfortunati dei colleghi dei corsi normali che da Venezia riuscirono a porsi in salvo a Brindisi con la m/n Saturnia.

Il loro sogno che accarezzava le distese marina anche se nella cruda realtà di una guerra combattuta ormai allo stremo delle forze umane e tecniche, si infranse nel duro risveglio della deportazione e della avvilente prigionia in un ristretto territorio tedesco dove imperversavano il gelo e la fame.

Come magra consolazione, a distanza di molti anni quei giovani ebbero il riconoscimento della nomina a Guardiamarina, ma proprio perché appartenenti ad una generazione abituata a poco ottenere malgrado i molti sacrifici, anche di quel poco essi andarono fieri.

Il ricordo di quel breve periodo trascorso nella Regia Marina ed il tardivo titolo giuntogli da una patria sempre meno madre e sempre più matrigna spinsero il Dott. Colotto a unirsi soprattutto a Piero Rovagna, anch’egli prematuramente scomparso, per fondare a Lerici, vent’anni fa, il Gruppo A.N.M.I. intitolandolo a Ivo Borghetti.

Incliniamo dunque le nostre bandiere in segno di lutto a rendere i dovuti onori al Dottor Giuseppe Colotto ricordandone la dirittura morale, la probità, la coerenza, l’elevato senso d’altruismo che hanno sempre permeato la sua esistenza, in una parola, ricordiamo il Galantuomo, appunto con un termine che sta scomparendo con il diradarsi di protagonisti della sua tempra.

Luigi Romani – La morte del Dottor Giuseppe Colotto – pubblicato sul numero 7 – Anno XIX 1990 – de “Il Golfo dei Poeti” Periodico del Circolo Culturale “G. Petriccioli” di Lerici

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